24 dicembre
IV domenica di Avvento

Il compimento messianico delle promesse in Gesù, Figlio dell’Altissimo

2 Sam 7,1-5.8b-12.14a.16
Sal 88
Rm 16,25-27
Lc 1,26-38

La Liturgia di questa domenica, nell’imminenza del Natale, celebra il compimento della promessa di Dio a Davide nella venuta di Gesù, il Messia che regnerà per sempre e il suo regno non avrà fine.

Nella prima lettura, dal secondo libro di Samuele, risuona la promessa che, secondo la storia della rivelazione, Dio fece a Davide. Nel momento in cui Davide si propone di costruire per il Signore una casa (il tempio), il Signore gli promette di fare per lui una casa (la dinastia). Davide, al culmine della sua ascesa per creare il regno di Israele, non perde di vista Dio, bensì continua a volgersi a Dio con riconoscimento e dedizione. Per questa attenzione persistente di Davide, Dio non solo gli assicura protezione e conferma la riuscita nell’impresa, ma si impegna a rendere la discendenza di Davide e il suo trono stabili per sempre. Il dono è straordinario e particolarmente significativa è la relazione che si instaura tra Dio e il re: io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno per sempre. […] Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio (2 Sam 7,14). L’immagine padre-figlio, da cui scaturisce anche il titolo regale (cf. Sal 2,7; 88,27–28), esprime l’appartenenza familiare che unisce e si deve sviluppare tra il re davidico e Dio. Infatti il re è chiamato al servizio di Dio, come collaboratore nella costruzione del popolo dell’alleanza che realizza gli insegnamenti divini (cf. Dt 17,18-20). Dalla fiducia, cooperazione e sinergia che si instaura tra il re e Dio deriva la manifestazione della stabilità del regno e la grandezza del nome.

Il Sal 88 contiene l’appello, e anche la certezza, che Dio mantiene il suo giuramento e la sua elezione della casa di Davide. Sebbene nella storia ci siano dei discendenti che hanno abbandonato gli insegnamenti di Dio e la ribellione abbia portato questi re alla rovina, Dio rimane fedele alla sua promessa che è per sempre.

Questa promessa divina nel tardo periodo postesilico, quando la restaurazione della monarchia apparve impossibile, fu reinterpretata nel suo compimento messianico. All’interno di questa reinterpretazione il discendente viene riferito al Messia che Dio susciterà, dalla casa di Davide, e il cui regno durerà per sempre (cf. Is 11,1-9). È in questa prospettiva della fedeltà del Signore alla sua promessa, proprio fino al compimento messianico, che la comunità liturgica benedice e acclama: Canterò per sempre l’amore del Signore! (Sal 89,2).

L’iniziativa di Dio per il compimento messianico della promessa davidica è raccontata, dal Vangelo di Luca, nell’annuncio inaudito del messaggero divino, Gabriele, a una donna di Nazareth, di nome Maria, promessa sposa di Giuseppe, un uomo della casa di Davide: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine (Lc 1,30-33).

Luca mette a fuoco l’iniziativa e l’origine divina con l’azione dello Spirito e la potenza dell’Altissimo, e colui che nascerà è riservato per Dio, è santo. L’esistenza di Gesù (il Signore salva) dal suo esordio scaturisce da Dio che lo ha riservato per una missione quella di re Messia, al quale si deve pienamente il titolo regale di Figlio di Dio, che regnerà per sempre e il suo regno sarà duraturo. Dio l’Altissimo, creatore del cielo e della terra e redentore (cf. Gen 14,18–22; Sal 78,35), così coinvolto nelle vicende umane, si avvale della sua potenza per dare vita e agire con sollecitudine per i suoi servi. Ad essi manifesta la sua fedeltà ora alla promessa fatta a Davide, rivelandone il decisivo compimento messianico.

E Maria acconsente, collabora nell’esultanza, si rende disponibile e si mette al servizio del Signore per l’evento teso a rivelare e a stabilire la perenne regalità divina.

La dossologia con la quale si conclude la lettera di Paolo ai Romani, ripresa nella seconda lettura, celebra con solennità la gloria, cioè la presenza di Dio, l’eterno e il solo sapiente. La lode a Dio è per la sua rivelazione del mysterium, che è la rivelazione del piano divino, dischiuso mediante le scritture dei Profeti e che ora è annunciato attraverso il Vangelo di Gesù Cristo a tutti popoli, perché tutti giungano alla fede (Rm 1,5.26). L’avvento del re Messia svela completamente il piano di Dio e inaugura il tempo per cui tutti i popoli saranno raggiunti dall’annuncio della salvezza. La comunità cristiana è pervasa della salvezza messianica. Essa è testimone ed è chiamata, sull’esempio di Davide, di Maria, dei Profeti, della generazione apostolica e protocristiana, a collaborare al piano divino perché si dispieghi, nelle vicende e nelle scelte concrete dell’esistenza e della storia umana, la potenza salvifica della regalità del Signore.