25 dicembre
Natale del Signore

I. Messa Vespertina nella Vigilia
Emmanuele: Dio con noi

Is 62,1-5
Sal 88
At 13,16-17.22-25
Mt 1,1-25

Il detto dal libro di Isaia per la comunità di Gerusalemme, che è stata devastata e dispersa con l’esilio, annuncia lo splendore della salvezza regale di Dio con la forte immagine sponsale. Il Signore, lo Sposo, riprende la sua sposa, la comunità, e trova in lei la delizia e la gioia come nel primo incontro sponsale. La presenza dello Sposo cambia completamente la condizione della comunità. Infatti, non si dirà più di lei che è «l’Abbandonata» o «la Devastata», ma brillerà come un diadema nella mano dello Sposo e sarà conosciuta tra le genti con il nome nuovo di «Mia Gioia» e «Sposata». Questo fulgore è tanto più grande dal momento che rivela la salvezza e la giustizia del Signore, fedele nel suo amore. Egli è capace di rinnovare l’integrità della sposa e il compiacimento sponsale che in precedenza proprio le scelte umane avevano violato e infranto, con conseguenze che sembravano irreparabili. Quando in mezzo alla comunità c’è il Signore allora essa ha un’identità, una consistenza e un futuro di speranza e di gioia, quella che lo Sposo, il Signore, prova per lei come vergine, sposa e madre.

Nella tradizione profetica e poi in quella protocristiana, che ora si riflette nella Liturgia della Parola, questo detto ha ricevuto una reintepretatazione messianica così come il Sal 88, con l’acclamazione della comunità dei redenti che celebra la presenza del Messia: Canterò in eterno l’amore del Signore! Infatti beato è il popolo che ti sa acclamare: camminerà, Signore, alla luce del tuo volto; esulta tutto il giorno nel tuo nome, si esalta nella tua giustizia.

L’inizio del Vangelo di Matteo propone la genealogia di Gesù e il racconto della nascita. L’esordio presenta Gesù, il Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (Mt 1,1) e in tal modo asserisce che Gesù è il Messia con il quale sono portate a compimento le promesse divine a Davide (cf. 2 Sam 7,1-17) e quelle fatte, ancor prima, ad Abramo (cf. Gen 12,1-3). Inoltre, come «figlio di Abramo» Gesù appare anche il nuovo Isacco, il figlio amato, che dona totalmente se stesso per realizzare la salvezza dai peccati.

La genealogia che segue è una lettura teologica della storia della rivelazione nella quale Dio ha portato avanti il piano della benedizione nelle generazioni di Israele, fino alla comunità che genera il Messia, nella concreta vicenda della «vergine» Maria e di Giuseppe della «casa di Davide», uomo giusto e di fede. Il racconto sottolinea che tutto avviene nel compimento del progetto divino annunciato, scaturisce dall’azione creatrice dello Spirito, e colui che nasce ha una missione liberatrice. Gesù è colui che salverà il suo popolo dai suoi peccati (Mt 1,21) e nel contempo è Emmanuele, che significa Dio con noi (Mt 1,23), Dio presente per sempre nella comunità di coloro che lo riconoscono e acclamano il suo nome, esultando per la sua giustizia e salvezza.

Il passo del discorso di Paolo nella sinagoga di Antiochia, riportato negli Atti degli Apostoli, è una testimonianza del primo annuncio del Vangelo tra i giudei e i timorati di Dio fondato sul fatto che, secondo la promessa fatta a Davide, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù (At 13,23).

La comunità cristiana celebra la venuta del Messia contemplando la fedeltà di Dio che mantiene e compie le sue promesse a Israele. Gesù, il Cristo è Dio per sempre con noi (Mt 28,20) suoi discepoli perché con lui viviamo e testimoniamo di continuo i beni e i doni della sua venuta.